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Lavoro, è boom di dimissioni volontarie.

di wp_10775924

Lavoro, gli esperti: “Riguarda i giovani e gli impiegati del Nord Italia”. Lo rileva un’indagine di Aidp: “Uno su quattro è alla ricerca di un nuovo senso di vita”

Si vive una volta sola. Sembra essere questo il mantra post-Covidche sta spopolando tra i giovani lavoratori italiani. Un fenomeno inatteso che ha generato negli ultimi mesi un boom di dimissioni volontarie e che ha colto di sorpresa il 75% delle aziende. Le fasce d’età maggiormente coinvolte riguardano i 26-35enni che rappresentano il 70% del campione seguita dalla fascia 36-45 anni. Si tratta, in particolare, di una tendenza giovanile collocata soprattutto nelle mansioni impiegatizie (l’82%) e residenti nelle regioni del Nord Italia, (il 79%).
A rilevarlo è un’indagine di Aidp (Associazione per la Direzione del Personale) su un campione di circa 600 aziende elaborate dal Centro Ricerche Aidp guidato dal professor Umberto Frigelli. 

LE CAUSE

La ripresa del mercato del lavoro (48%), la ricerca di condizioni economiche più favorevoli in altra azienda (47%) e l’aspirazione ad un maggior equilibrio tra vita privata e lavorativa (41%) sono le tre ragioni principali che sono alla base della crescita esponenziale delle dimissioni, seguite, subito dopo, dalla ricerca di maggiori opportunità di carriera (38%). L’indagine segnala che il 25% dei giovani ha indicato la voglia di un nuovo senso di vita e che il 20% ha imputato a un clima di lavoro negativo interno all’azienda la ragione delle dimissioni.

Per il 57% dei direttori del personale il fenomeno è la dimostrazione di quanto sta cambiando la percezione che le persone hanno del senso del lavoro e per il 30% di quanto, invece, stia cambiando il mercato del lavoro. Circa l’88% delle aziende coinvolte ha dichiarato che non hanno in atto un piano di incentivo all’esodo mentre il restante 12% ha in essere piani di incentivazione all’uscita anche con prepensionamenti. Di conseguenza questo dato conferma come il fenomeno sia indipendente dai piani di incentivazione all’uscita. 

“Siamo stati colti di sorpresa nella maggior parte dei casi anche se dei segnali deboli dello sviluppo di questo fenomeno erano già ravvisabili – spiega Matilde Marandola, presidente nazionale Aidp -. Il fattore scatenante, a mio avviso, è che le persone si sono interrogate rispetto al senso del proprio lavoro e in qualche caso della propria vita e, nella maggior parte dei casi, le risposte hanno indirizzato le persone al cambiamento. Come emerso dalla survey c’è una ripresa del mercato del lavoro e una riorganizzazione delle aziende e i giovani rappresentano gli attori più interessati”.

L’IMPATTO

Per il 59% delle aziende l’impatto delle dimissioni è stato superiore di almeno il 15% rispetto agli anni precedenti e per il 32% l’aumento è stato del 30%. Numeri che evidenziano chiaramente una novità improvvisa e inconfutabile. Novità a cui le aziende provano a reagire attrezzandosi per far fronte alla crescita repentina e inattesa di dimissioni soprattutto sostituendo i fuoriusciti con altri dipendenti con contratti a tempo indeterminato e determinato (55%), mentre per altri si tratta di un’occasione di riorganizzazione dei processi produttivi (25%). 
Una parte significativa di aziende, invece, ha adottato una pratica attendista per valutare con maggior tempo gli impatti che avrà il fenomeno (15%). Le funzioni aziendali maggiormente coinvolte sono soprattutto informatica e digitale (32%), produzione (28%) e marketing e commerciale (27%). Dal punto di vista dell’anzianità in aziende dei lavoratori coinvolti nel fenomeno la maggior parte riguarda la fascia da 1 a 5 anni, ossia circa il 75% e in misure minore i dipendenti presenti da più anni in azienda.

Fonte: repubblica.it

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